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I Nodi Marinareschi

I nodi marinareschi fanno parte di quell’arte marinara che da secoli si tramanda tra la gente di mare.

Saper fare un nodo ad una cima non è difficile, ma può invece diventarlo scioglierlo!

Cima su lago

A proposito, non a caso si chiamano cime o cavi, le funi che vengono utilizzate a bordo per le manovre, per rizzare il carico, per le vele, per l’ormeggio ecc.ecc… le corde, a bordo, non esistono anzi, ne può esistere solo una: quella della campana.


I nodi marinareschi tornano sempre utili: come in tutta l’arte marinaresca, ognuno di loro ha uno specifico compito e, soprattutto, una volta fatto, deve essere semplice da sciogliere altrimenti potrebbe causare gravi inconvenienti.

Home-Sailing

L’arte marinaresca è di fondamentale conoscenza se si vuol andar per mare nel modo giusto: come è fatta un’unità navale, i nodi marinareschi, i mezzi di propulsione, le dotazioni di sicurezza e salvataggio, abbordi in mare, segnalazione e codici.

NB: Molti di questi temi, insieme ai i nodi marinareschi, vengono affrontati nei corsi per la patente nautica


“Pochi sono coloro che possono dare del tu al mare, e quei pochi non lo fanno”
-anonimo-

rope

Per tutti coloro che hanno voglia di imparare i nodi marinareschi tra i più utilizzati, e che normalmente vengono chiesti in sede d’esame patente nautica, consigliamo di procurarsi una cima di circa un metro e allenarsi con i video sotto messi a disposizione dalla Scuola Nautica NESW


un po’ di nodi marinareschi

clicca sulle immagini per visualizzare il video e allenati con una cima


Nodo BANDIERA


Nodo GASSA D’AMANTE

 


Nodo PARLATO


Nodo PIANO


Nodo GALLOCCIA o NODO DI BITTA


Nodo SAVOIA

 


Cenni storici sulla Navigazione   

La storia della navigazione iniziò agli albori della civiltà, quando l’uomo scoprì che rendendo cavo un tronco d’albero abbattuto e affinandolo alle estremità, poteva più facilmente e con maggiore rapidità muoversi sulle acque dei mari, dei fiumi e dei laghi. Dopo aver usato per lungo tempo i remi, l’uomo scoprì che il vento rappresentava una forza propulsiva immediata ed economica ed imparò, nel tempo, ad imbrigliarlo con le vele e ad utilizzare materiali resistenti e poi, dopo aver imparato ad orientare le vele in modo da far muovere l’imbarcazione nella direzione voluta da qualunque parte il vento spirasse, cominciò a spingersi sui mari con imbarcazioni sempre più grandi e sempre più perfezionate. A bordo la vita doveva scorrere in modo ordinato, al ritmo dei turni di guardia; la disciplina divenne ferrea e ogni uomo doveva essere sempre al posto assegnatogli; ogni oggetto doveva trovarsi sempre al posto stabilito in modo da poter essere celermente utilizzato in caso di necessità. Tutte le manovre, le vele e le parti della nave avevano un nome preciso e caratteristico che ogni marinaio doveva conoscere alla perfezione, per sapere sempre cosa fare e che cosa utilizzare, in tal modo creando quegli automatismi di comportamento necessari quando, per combattere la furia degli elementi, mancava, spesso, anche il tempo per riflettere. Si cominciarono a distinguere le imbarcazioni da guerra da quelle mercantili ed entrambe iniziarono un’evoluzione in modo diverso secondo le esigenze; così, per le navi da guerra, la propulsione doveva necessariamente essere data dalla forza dei remi, perché in battaglia non si poteva lasciare la nave in balia del vento, soprattutto nelle strategie dell’abbordaggio e del combattimento ravvicinato; esistevano anche le vele, ma rappresentavano soltanto un mezzo ausiliario di propulsione. Poi vennero i Romani che, accanto ai corvi utilizzati per l’abbordaggio, portarono l’offesa da lontano con le baliste, gli scorpioni e le catapulte: macchine, queste, che lanciavano dardi e palle infuocate sulle navi nemiche per distruggerle, con ciò anticipando gli schemi di battaglia derivati dall’uso delle armi da fuoco. Nella navigazione mercantile, l’uomo costruì imbarcazioni come le liburne, le biremi e le trireme e, utilizzando come forza motrice sia il vento sia i rematori, diede inizio all’epoca degli scambi nell’ambito del Mediterraneo. Più tardi, nei secoli che vanno dal XIII al XIX, cominciarono le grandi navigazioni in terre lontane e sconosciute iniziando l’Era delle esplorazioni e dei commerci. Fu quella l’epoca d’oro dei grandi velieri che nel tempo si perfezionarono passando dalla cocca alla caracca, dalla caravella al galeone, dalla fregata al vascello, divenendo sempre più grandi e sempre più veloci per riuscire a soddisfare la sempre maggiore voglia di conoscenza e di ricchezza dell’uomo. Le informazioni desumibili dagli archivi storici dei vari musei navali, consentono di risalire ai piani di costruzione di navi risalenti alla seconda metà del Seicento. Nei periodi precedenti, le costruzioni navali furono basate sulle specializzazioni di mastri d’ascia e di maestri carpentieri che utilizzarono metodi artigianali senza lasciare né disegni né piani di costruzione. Per tutti i tipi d’imbarcazioni costruite nell’antichità e nel Medioevo è, quindi, necessario, per avere notizie attendibili, basarsi sulle illustrazioni riscontrabili in bassorilievi o vasi antichi, su ritrovamenti archeologici o su descrizioni presenti in molti testi greci e latini.

Sandro Bianchi

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